Montagne, meraviglie del mondo
Le montagne hanno sempre affascinato. Se è recente l'ammirazione che vien loro tributata, nel corso dei tempi ispirarono piuttosto un timore reverenziale: non sedeva forse Zeus all'apice dell'Olimpo, la montagna più alta della Grecia? E le antiche civiltà non hanno forse attribuito alle più alte cime un significato religioso? Quel sentimento persiste ancora un pò ai nostri giorni in cui la montagna, benché addomesticata hn nei suoi torrenti, scalata fino ai suoi picchi più eccelsi, è oggetto di una ammirazione fervente in certuni e leggermente timida in tutti.
Il fatto è che la montagna è viva e che le sue collere sono terribili: gli scatenamenti meteorologici, le valanghe di pietra di neve, lo ricordano costantemente a coloro che sarebbero tentati di dimenticarlo. Ma la vita delle montagne non si ferma qui: benché richiamino meno l'attenzione, sollecitata generalmente dalle catastrofi, certe trasformazioni quotidiane non sono meno considerevoli con i loro risultati a lunga scadenza. Le più importanti si distendono su anni contati a migliala, a milioni addirittura.
Le acque che scorrono dopo violenti uragani, si raccolgono in torrenti, irrompono nella vallata, esprimono uno degli aspetti della vita di montagna. L'erosione d'altra parte è un abile scultore: da la loro eleganza ai « Camini delle Fate », quelle damigelle, munite di cappello, che danzano un balletto minerale: sono bastate alcune grosse pietre per proteggere i terreni situati al di sotto, e la damigella a poco a poco è cresciuta, portando sempre più in alto il suo cappello.
Nei calcari delle Dolomiti, l'erosione ha scavato le creste dentate del Civetta o le torri di Vaiolet. Le sono dovuti talvolta allucinanti pilastri rocciosi come quelli sui quali si ergono i monasteri delle Meteore in Grecia. Scava le valli, qui ampie e ridenti, là profonde e selvagge.
Se non è raro veder vivere un vulcano, è più raro assistere alla sua nascita: ciò è avvenuto infatti il 20 febbraio 1943 nel campo di un contadino messicano dove nacque il Paricutìn, che oggi è alto più di quattrocento metri.
Per converso è più frequente vedere vulcani morti: la loro forma indica lo loro origine, come nella catena dei Puys o anche nella regione romana, dove laghi circolari occupano i crateri di antichi vulcani.
Anche i terremoti colpiscono l'immaginazione, soprattutto quando una catastrofe, sempre inattesa, accumula le vittime. Ma sismi della stessa importanza di quello di Lisbona nel 1755 e di quello di Agadir nel 1960 possono manifestarsi in regioni deserte e passare inosservati, tranne che ai sismologi i quali, mediante sismografi molto sensibili, vigilano continuamente sull'agitazione della crosta terrestre. Questa agitazione è costante: ogni giorno nel mondo si contano parecchie centinaia di scosse, fortunatamente di scarsa intensità.
Questi sismi corrispondono ai movimenti di faglie che limitano, all'interno delle catene montane, pianure spesso molto piatte benché di altitudine variabile; sono accompagnati da movimenti tali che la pianura sprofonda mentre la montagna si solleva, aumentando così la sua altitudine relativa. Nel più frequente dei casi la sede del movimento, il focolare del sisma, è situato nella crosta terrestre, vale a dire ad una profondità inferiore a trenta chilometri; ma certi sismi possono trovare la loro origine fino j settecento chilometri, la profondità massima fino ad oggi conosciuta: questi sono soprattutto numerosi sotto le catene che costeggiano l'Oceano Pacifico.
Dato che per la massima parte sono marini, ne deriva che le montagne sono uscite dalle acque nel corso dei tempi. Le modalità di questa emersione sono adesso abbastanza conosciute: durante periodi lunghissimi, i sedimenti che daranno origine ai calcari, alle marne, alle argille, ai grès che oggi vediamo, si accumulano nelle fosse marine profonde situate fra i continenti dell'epoca o ai margini di questi. Poi i continenti incominciano a ravvicinarsi; perché ora abbiamo la certezza che i continenti si sono spostati in una sorta di lento balletto al ritmo di milioni di anni.
Nel ravvicinarsi, le masse continentali hanno schiacciato i sedimenti delle fosse marine, che si sono ripiegati, spezzati, ricoperti a vicenda in vaste « carreggiate ». Si forma così un cuscinetto di terreni deformati che può immergersi fino a 60 chilometri di profondità, metamorfizzarsi in rocce cristalline, fondersi parzialmente per dare origine ai graniti.
Questo cuscinetto, meno rilevato in superficie, — ogni montagna ha così in profondità una « radice » più importante delle montagne stesse — esce tuttavia dalle acque; dapprima sotto forma di un arcipelago allungato, come sono gli « Archi insulari » del Pacifico Occidentale, o ancora dei Caraibi e dell'Indonesia; poi, come un primo abbozzo di catene di montagne che si congiunge al continente che costeggia, o salda quelli fra i quali è situata. Un ultimo tocco è allora recato dai vulcani, che si inerpicano sulla catena oppure si pongono nelle sue prossimità, e dalle faglie, che tagliano l'abbozzo montuoso in pannelli di cui alcuni si sollevano altri sprofondano, generando pianure interne oppure addirittura mari. Così il Mediterraneo, nato qualche milione di anni or sono.
Perché proprio in milioni di anni si deve contare per misurare questa evoluzione. Quella che abbiamo ora descritta e che è l'autrice delle attuali montagne, è durata circa duecento milioni di anni di cui il periodo essenziale è stato consacrato alla sedimentazione sul fondo dei mari, il periodo di ripiegamento e di sollevamento corrisponde invece soltanto a qualche diecina di milioni di anni fra i più recenti.
Le montagne attuali non sono le sole che il globo terrestre ha portato nel corso dei tempi; e per quanto riguarda queste, non sono che in un istante della loro lunga storia, in qualche modo all'apogeo, vicino quindi alla loro fine come insegna l'evoluzione delle antiche montagne che l'erosione è sempre riuscita a spianare. Ln giorno dunque, a loro volta, esse spariranno;ma e vero che si deve contare in milioni di anni... altre allora sorgeranno senza dubbio, dove ora. regnano il mare o l'oceano.
Il fatto è che la montagna è viva e che le sue collere sono terribili: gli scatenamenti meteorologici, le valanghe di pietra di neve, lo ricordano costantemente a coloro che sarebbero tentati di dimenticarlo. Ma la vita delle montagne non si ferma qui: benché richiamino meno l'attenzione, sollecitata generalmente dalle catastrofi, certe trasformazioni quotidiane non sono meno considerevoli con i loro risultati a lunga scadenza. Le più importanti si distendono su anni contati a migliala, a milioni addirittura.
Le acque che scorrono dopo violenti uragani, si raccolgono in torrenti, irrompono nella vallata, esprimono uno degli aspetti della vita di montagna. L'erosione d'altra parte è un abile scultore: da la loro eleganza ai « Camini delle Fate », quelle damigelle, munite di cappello, che danzano un balletto minerale: sono bastate alcune grosse pietre per proteggere i terreni situati al di sotto, e la damigella a poco a poco è cresciuta, portando sempre più in alto il suo cappello.
Nei calcari delle Dolomiti, l'erosione ha scavato le creste dentate del Civetta o le torri di Vaiolet. Le sono dovuti talvolta allucinanti pilastri rocciosi come quelli sui quali si ergono i monasteri delle Meteore in Grecia. Scava le valli, qui ampie e ridenti, là profonde e selvagge.
Se non è raro veder vivere un vulcano, è più raro assistere alla sua nascita: ciò è avvenuto infatti il 20 febbraio 1943 nel campo di un contadino messicano dove nacque il Paricutìn, che oggi è alto più di quattrocento metri.
Per converso è più frequente vedere vulcani morti: la loro forma indica lo loro origine, come nella catena dei Puys o anche nella regione romana, dove laghi circolari occupano i crateri di antichi vulcani.
Anche i terremoti colpiscono l'immaginazione, soprattutto quando una catastrofe, sempre inattesa, accumula le vittime. Ma sismi della stessa importanza di quello di Lisbona nel 1755 e di quello di Agadir nel 1960 possono manifestarsi in regioni deserte e passare inosservati, tranne che ai sismologi i quali, mediante sismografi molto sensibili, vigilano continuamente sull'agitazione della crosta terrestre. Questa agitazione è costante: ogni giorno nel mondo si contano parecchie centinaia di scosse, fortunatamente di scarsa intensità.
Questi sismi corrispondono ai movimenti di faglie che limitano, all'interno delle catene montane, pianure spesso molto piatte benché di altitudine variabile; sono accompagnati da movimenti tali che la pianura sprofonda mentre la montagna si solleva, aumentando così la sua altitudine relativa. Nel più frequente dei casi la sede del movimento, il focolare del sisma, è situato nella crosta terrestre, vale a dire ad una profondità inferiore a trenta chilometri; ma certi sismi possono trovare la loro origine fino j settecento chilometri, la profondità massima fino ad oggi conosciuta: questi sono soprattutto numerosi sotto le catene che costeggiano l'Oceano Pacifico.
Dato che per la massima parte sono marini, ne deriva che le montagne sono uscite dalle acque nel corso dei tempi. Le modalità di questa emersione sono adesso abbastanza conosciute: durante periodi lunghissimi, i sedimenti che daranno origine ai calcari, alle marne, alle argille, ai grès che oggi vediamo, si accumulano nelle fosse marine profonde situate fra i continenti dell'epoca o ai margini di questi. Poi i continenti incominciano a ravvicinarsi; perché ora abbiamo la certezza che i continenti si sono spostati in una sorta di lento balletto al ritmo di milioni di anni.
Nel ravvicinarsi, le masse continentali hanno schiacciato i sedimenti delle fosse marine, che si sono ripiegati, spezzati, ricoperti a vicenda in vaste « carreggiate ». Si forma così un cuscinetto di terreni deformati che può immergersi fino a 60 chilometri di profondità, metamorfizzarsi in rocce cristalline, fondersi parzialmente per dare origine ai graniti.
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