Le fortezze nel mondo: fra le sette meraviglie del mon­do antico figurava la città fortifi­cata di Babilonia.


Fra le sette meraviglie del mon­do antico enumerate all'epoca dì Cesare dallo storico greco Strabone, figurava la città fortifi­cata di Babilonia, i cui bastioni eccitavano l'ammirazione dello storico altrettanto quanto i fa­mosi giardini pensili che il Re Sargon II vi aveva fatto costrui­re.

Ancora oggi, le fortezze fan­no parte delle meraviglie del mondo che suscitano la nostra ammirazione.

Per difendere la loro vita e i lo­ro beni, gli uomini sedentari hanno sempre consentito a pa­gare un prezzo elevato ed a met­tere in opera tutte le risorse della tecnica della loro epoca, e da questo punto di vista hanno sovente compiuto veri e propri pro­digi.

Si potrebbe stupire che queste opere militari, — che, per la loro stessa natura, dovrebbero apparirci arcigne — giungano a commuoverci, ci sembrino belle, orgogliose, eleganti ed altere. È ciò dovuto al fatto che raggiungono quello stadio della per­fezione in cui il funzionale tocca l'estetica?

Costruite per resi­stere ai mezzi di distruzione più perfezionati, certe fortezze con­tinuano a sfidare gli anni e danno prova del genio dei loro co­struttori il cui nome sovente si perde nella notte dei tempi. È ciò dovuto a un'attrattiva romantica, al ricordo di epiche lotte, di straordinarie storie guerriere che colpiscono l'immaginazio­ne?

Sono numerose le cittadelle che hanno resistito ad un nemico cento volte più potente, più numerose ancora quelle che hanno dovuto cedere sia all'audacia dell'assalitore sotto l'effetto della sorpresa, sia in seguito a tradimento o a costrizione per la carestia. Ma altre ancora hanno agito soltanto con la loro presenza ed han­no conosciuto soltanto rari allarmi. È dovuto ciò finalmente al luogo al quale prendono a prestito una parte della loro bellezza?

La ricerca delle posizioni elevate che danno al difensore un pre­zioso vantaggio sull'attaccante, ha portato a far appollaiare i ca­stelli fortificati al vertice di picchi inaccessibili, a impiantare le citfà nell'ansa di un fiume o su una collina che domina la regione. Tutti questi elementi contribuiscono senza dubbio all'interesse che ci ispirano e le città fortificate e le fortezze, ma ciò che — forse inconsapevolmente, — trattiene di più la nostra attenzione, è il fatto che queste fortezze sono testimonianza vivace di una organizzazione sociale, di una civiltà progredita di tipo seden­tario.

Nonostante il loro carattere militare, queste fortificazioni ci sembrano un pegno di pace. La città fortificata, che si conosce fin dall'antichità, ed il castello-forte del Medio Evo, non sono, opere militari, sono intimamente legate alla vita, che vi vivono o di vassalli che vi trovano un loro valore dal punto di vista umano.

Solo  i grandi Imperi considereranno alle loro frontiere opere puramente militari destinate a contenere vicini turbolenti: queste opere ci impressionano per le loro proporzioni.

Il capo feudale sarà più tardi un avversario del regno, che tenta di uni­ficare il paese, e più di un piccolo signore si crederà capace di sfidare i Re di Francia. Per questo della massima parte dei castel­li-forte non rimangono che rovine o vestigia. I più begli esempi di castelli-forte, si trovano oggi ancora nel Medio Oriente, sia che si tratti di fortezze edificate in pieno de­serto, come il celebre Krak dei Cavalieri, o di cittadelle elevate lungo la costa come quella che domina il porto di Salda.

Nel Medio Evo, in cui la vita è dominata dalla religione, non vi è fortezza senza castello. Ma i luoghi di pellegrinaggio non so­no al riparo dai predoni e dai pagani, Saraceni e Mori nel Mez­zogiorno, Normanni al Nord. Le chiese, i monasteri, debbono dunque anch'essi proteggersi, e ricorrere alla fortificazione.

Que­sta architettura ad un tempo religiosa e militare, ci ha dato nu­merosi monumenti, e, in particolare, le chiese fortificate come quelle delle Sante Marie del Mare e la Cattedrale di Albi. Il capolavoro incontestato di questa architettura, la « meraviglia dell'occidente » è il Mont-Saint-Michel. In nessun altro luogo la storia e l'architettura religiosa e militare sono così intimamen­te mescolate. In nessun luogo si ritrova un simile slancio verso il ciclo, una posizione così insolita, isola durante l'alta marea, parte del continente a bassa marea.

Nei grandi imperi civilizzati dotati di un forte potere centrale, la necessità delle piazzeforti all'interno del paese non si fa sen­tire in modo imperativo. Si è tentati allora di ergere un muro alle frontiere per evitare le incursioni di vicini turbolenti: è ciò che l'imperatore cinese Che-Huang-ti ha tentato di fare.

L'impero romano ha dovuto far fronte a problemi analoghi al­l'inizio della nostra era ha adottato la stessa soluzione, utiliz­zando tuttavia al massimo le frontiere naturali costituite dal Reno e dal Danubio. Ma la frontiera fra i due fiumi tagliava corto nel triangolo formato dalla Baviera e dall'attuale Baden-Wiirt-temberg, dove dalle legioni romane fu costruito un rialzo di ter­ra continuo con torri di vedetta, il Limes; queste opere semi­permanenti non hanno resistito al tempo, ma se ne trovano an­cora tracce importanti.

Infine, non si ha il diritto in Francia di parlare di fortificazioni senza citare Vauban. Le cittadelle francesi costruite o rinnovate da lui sono numerose. Tutti lo conoscono come generale del Genio Militare e come costruttore, per esempio di Salses et Neuf-Brisach.



Il Vallo di Adriano (in latino Vallum Hadriani), fatto costruire dall'imperatore Adriano, era una fortificazione in pietra che anticamente segnava il confine tra la provincia romana occupata della Britannia e la Caledonia (ovvero l'attuale Scozia).

Questa fortificazione divideva l'isola in due parti.


Il vallo di Adriano faceva parte del limes romano e venne costruito per prevenire le incursioni delle tribù dei Pitti che calavano da nord.

Il nome viene ancor'oggi talvolta usato come eufemismo per indicare il confine tra Scozia e Inghilterra, anche se il muro non seguiva il confine attuale.

 I monti Machu Picchu e Huayna Picchu appartengono a una grande formazione orografica conosciuta come Batolito di Vilcabamba, nella Cordigliera Centrale delle Ande peruviane. Si trovano sulla riva sinistra della cosiddetto Canyon dell'Urubamba, conosciuto anticamente come gola di Picchu.

Ai piedi delle alture, praticamente cingendole, scorre il fiume Vilcanota-Urubamba. Le rovine incaiche si trovano a metà strada fra le cime delle due montagne, a 450 metri di altitudine sul livello del fondovalle e a 2.438 su quello del mare. La superficie edificata misura approssimativamente 530 metri di larghezza e 200 di larghezza, contando 172 edifici nell'area urbana.

Machu Picchu non era da nessun punto di vista un complesso isolato, per cui il mito della "città perduta" e del "rifugio segreto" degli imperatori inca è privo di fondamento. Le valli che confluivano nella gola formavano una regione densamente popolata che crebbe spettacolarmente in produttività agricola a partire dall'occupazione inca, nel 1440.

Gli inca costruirono sul posto molti centri amministrativi - i più importanti dei quali furono Patallacta e Quente Marca - e numerosi complessi agricoli formati da terrazze di coltivazione.

Machu Picchu dipendeva da questi complessi per la sua alimentazione, poiché i campi del settore agrario della città sarebbero risultati insufficienti per rifornire la colonia.

La comunicazione intraregionale era possibile grazie alla rete delle strade incaiche: otto di esse conducevano a Machu Picchu. La cittadina di Picchu giunse a differenziarsi dalle colonie vicine per la singolare qualità dei suoi principali edifici


La fortezza di Sacsayhuamán o Sacsaihuaman (in quechua: Saksaq Waman) è un sito archeologico Inca nella regione di Cusco. Il nome significa letteralmente "falco soddisfatto". Fu costruita dagli Inca tra il 1438 e il 1500 circa, sotto il dominio di Pachacutec, e si erge in una posizione dominante della collina di Carmenca, che svetta a nord della città di Cusco, antica capitale del Tahuantinsuyo, l'impero incaico.

Ad ogni solstizio d’estate vi si festeggia l’Inti Raimi, la festa di Inti, il dio del Sole. In tale circostanza vengono ancora effettuati rituali risalenti all'epoca incaica.

La costruzione di Sacsayhuamán, secondo le informazioni di cui disponiamo, iniziò durante il regno di Pachacútec, fu continuata successivamente da Túpac Yupanqui e conclusa con Huayna Cápac. Durante queste 3 generazioni, secondo Garcilaso de la Vega furono 4 gli architetti che diressero l'opera. Essi furono nell'ordine: Apu Huallpa Rimachi (il principale secondo Garcilaso de la Vega, Inca Maricanchi, Acahauna Inca y Callacunchuy. A questi architetti si deve il disegno di Sacsayhuaman.

I lavori durarono circa 70 anni e furono utilizzati 20.000 lavoratori.

Questo almeno prima dell'arrivo dei conquistadores spagnoli, i quali prelevarono dal sito numerose pietre per costruire case e chiese nella città, oltre a modificare la struttura della città stessa. La rimozione delle pietre di piccole e medie dimensioni è continuata fino ad alcune decine di anni fa. In questa descrizione la testa, che unita al complesso della città di Cusco, formava la figura di un puma.

Quello che molti ignorano è che, nonostante la sua furia di costruire fortezze lungo le recenti frontiere francesi delle Fiandre, Vauban ha permesso che si realizzassero enormi econo­mie, perché fu lui che seppe imporre la soppressione di un nu­mero incalcolabile di piazzeforti e di guarnigioni che inquadra­vano una Francia ormai unificata.

Nelle sue opere in cui, per forza di cose, domina la tecnica, si ritrova la fredda bellezza del­le linee geometriche, ma è finito lo slancio delle mura che si ergono verso il ciclo, che formano lo splendore dei castelli di un tempo.

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