Cosa c’è da sapere sul malocchio

Sappiamo tutti cosa sia il malocchio: chi per scherzare, chi seriamente, tutti lo nominiamo per indicare un periodo particolarmente sfortunato nel quale la vita sembra accanirsi contro di noi. I dati ci dicono che una buona percentuale della popolazione non solo crede nel malocchio ma si rivolge a diverse figure che siano in grado di togliere la maledizione. Tradizionalmente questa pratica è affidata alle donne anziane che, in ambiente casalingo, ricorrono a olio e acqua per il rituale. Altri, più accorti, si rivolgono a professionisti del settore come Ismaell che siano in grado di individuare il problema e risolverlo sul lungo periodo.

Che tu ci creda o meno, è innegabile l’interesse che come umanità abbiamo da sempre per questo argomento. Vediamo quali sono le origini di questa superstizione e che influenze ha avuto sulla nostra cultura.

Quando nasce il malocchio?

Malocchio significa letteralmente “potere malefico dello sguardoda malo-occhio appunto, occhio malefico. Quando pensiamo al malocchio facciamo riferimento al credere che il potere dello sguardo possa produrre effetti negativi sulla persona. Questi effetti negativi possono essere malessere generale, stanchezza, agitazione, mal di testa ecc.

Per scatenare il malocchio basterebbe davvero poco, anche uno sguardo, una bugia, un falso complimento fatto con invidia. Insomma, non siamo sempre consapevoli di chi potrebbe farci il malocchio e quando. Ma da dove viene questa superstizione? E perché la maledizione passa proprio dagli occhi?

Intanto possiamo dire che da sempre nelle varie culture gli occhi rappresentano i sentimenti interni di una persona. Sentiamo spesso dire “gli occhi sono lo specchio dell’anima” o ancora “puoi mentire con le parole ma non con lo sguardo”. Gli occhi sono da sempre la porta di accesso per i veri sentimenti e se, come in questo caso, i sentimenti sono negativi, non ci stupisce che siano anche la chiave per lanciare maledizioni.

Il malocchio nasce nell’antica Grecia, nel VI secolo a.C., dove per la prima volta incontriamo i cosiddetti “oculares, creati come segno di protezione dalle maledizioni. L’occhio come immagine apotropaica continua nella storia presso i fenici, i persiani e gli ottomani. Viene prodotto in diversi materiali e con diverse tecniche, disegnato, scolpito o inciso, spesso colorato di azzurro, colore considerato di buon auspicio. Attraverso le varie culture ha assunto diversi significati nel tempo, per alcuni era considerato l’occhio degli dei che ti protegge, per altri un occhio malevolo contro coloro che desiderano fare del male agli altri.

Presso gli egizi ha preso la forma dell’occhio di Horus, un occhio truccato e dalla forma allungata che serviva a proteggere le persone, mentre in Turchia e in Grecia è famosissimo il Nazar, piccolo occhio azzurro stilizzato che conosce chiunque sia stato in un negozio di souvenir in una città turistica di quelle zone.

Anche nella letteratura ebraica compare il concetto di occhio come protezione, concetto che torna anche nella cultura araba tramite la Mano di Fatima, amuleto di protezione a forma di mano e che spesso contiene un occhio all’interno del suo palmo.

Influenza nella nostra vita quotidiana

Abbiamo quindi visto come il concetto di malocchio sia trasversale a tutte le culture, ma che ne è di quella italiana? Anche nella tradizione cristiana è presente il malocchio, chiamato “occhio invidiosoe associato a chi lo lancia perché geloso e per questo ha a che fare con Satana.

Il malocchio viene citato esplicitamente nei vangeli come uno dei peccati del cuore, associato all'invidia, alla gelosia, alla cupidigia e al guardare male qualcuno che ha qualcosa che tu non hai. Ma quale rimedio viene presentato dalla cultura cristiana?

Essendo una religione la soluzione proposta passa attraverso rituali, ripetizione di giuramenti e di gesti, spesso anche volgari come il segno delle corna che ancora oggi facciamo in segno di superstizione. Da qui nasce la tradizione apotropaica italiana il cui simbolo, soprattutto al sud, è il cornetto rosso portafortuna che significa fertilità. Contro l'invidia e il malocchio, in Italia, non creiamo quindi oggetti di protezione come gli occhi, ma oggetti di buon auspicio. Concludiamo questo lungo percorso con un esempio che fa capire chiaramente l’impatto che ha avuto e che ha ancora oggi la superstizione nella nostra cultura. Il sostantivo maschile iettatore” viene dal napoletano “iettare”, ovvero gettare, che non si limita a significare il lanciare qualcosa ma il lanciarlo in senso negativo, dispregiativo. Da “iettare” viene anche il termine iella” che indica la sfortuna. Il concetto di fortuna e di malasorte è culturalmente molto importante, soprattutto nella regione Campania, ma questi termini vengono usati in tutta Italia e sono inseriti nei dizionari ufficiali della lingua italiana, simbolo della diffusione di questo tipo di credenze.

Le parole servono a descrivere i concetti e, il fatto che ancora oggi termini come questi siano di uso comune, ci fa capire come il malocchio e la superstizione siano estremamente identitari per noi oggi e per la nostra storia.


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