La Boca: nostalgia di Genova a Buenos Aires
Ai genovesi in visita, la gente della Boca racconta--con un po' di compiacimento--aneddoti gustosi sullo spirito industrioso, sí, ma anche ribelle dei loro antenati. Anticlericali convinti di fede massone, socialista e anarchica, raccolti in quella che è l'oramai centenaria associazione mutuale "La Ligure", questi vecchi genovesi resero la vita difficile a più di un parroco della chiesa locale. Nel 1882, a seguito di uno sciopero generale, pare che essi fossero giunti al punto di issare la bandiera genovese sull'edificio più alto del quartiere, proclamando la nascita della "Repubblica Genovese della Boca."
Se tale repubblica ebbe vita breve, va anche detto che essa lasciò un segno profondo in una memoria collettiva improntata all'orgoglio delle proprie radici. Una memoria, quella della vecchia Boca genovese, che non si perde.
Sono ancora tante le storie di famiglia che il visitatore odierno può raccogliere camminando per le stradine del quartiere. Punteggiate di parole italiane, e più spesso ancora di termini genovesi, queste storie cominciano immancabilmente con il "barco" da cui scesero i nonni (o i genitori), ciascuno determinato a passare dalla povertà a una discreta ascesa sociale attraverso la redenzione del lavoro. Ma l'anima della Boca non è solo l'orgoglio di un'immigrazione industriosa: qui, infatti, la dimensione epica del riscatto sociale è ingentilita da altri due temi fondamentali della comunità immigrante creolizzata: la pittura e il tango.
La Boca degli anni d'oro (ossia dalla seconda metà del secolo scorso fino alla fine degli anni '60) è il quartiere boemio in cui pittori come Alfredo Lazzari o Quinquela Martin--tutti di origine rigorosamente italiana--installavano i loro cavalletti sulla ribera o direttamente nelle barche, contribuendo con le loro opere all'identità caratteristica del luogo. Del tango, la Boca é uno dei luoghi mitici. Lo é perché il tango esprime la malinconia degli immigrati. E lo é anche perché l'angiporto forniva lo sfondo adeguato per un ballo di origine postribolare, e per canzoni i cui testi (letras) erano scritti in lunfardo, il gergo della malavita infarcito di espressioni dialettali italiane, spesso genovesi. Fino a non molti anni fa, il tango lo si ballava fino all'alba nelle pizzerie (cantinas) della Boca, tra una porzione di faina' e un bicchiere di vino. Il turista di oggi, invece, si deve accontentare di una passeggiata in Calle Caminito, dedicata al celeberrimo tanguero bochense Filiberto.
Oggi museo all'aria aperta, Caminito é la meta prediletta degli artisti di strada bonaerensi, ove pittori, ballerini di tango e suonatori di bandoneon si contendono l'attenzione dei turisti. Non si illuda, il viaggiatore odierno, che la Boca sia ancora pronta a gridargli in faccia la sua genovesita' come lo era negli anni '30. Da oltre due decenni il quartiere versa in uno stato di semi-abbandono. Mentre le inondazioni delle acque nere del fiume Riachuelo si succedevano inesorabilmente, le carcasse di vecchie barche si accumulavano nel porticciolo ormai inutilizzato. Molti bochensi abbandonarono i vecchi conventillos per trasferirsi nei quartieri alti di Buenos Aires. Certo--quasi in attesa di tempi migliori--l'anima genovese della Boca permane.
Sta peró al visitatore trovarla, avventurandosi con pazienza nella dimensione della memoria, dell'immaginario collettivo che trasfigura costantemente il presente nel passato, e il passato nel presente. La troverà, la "piccola patria" (patria chica), nei racconti dei discendenti dei tanti liguri che, venuti in Argentina per "fare l'America," inventarono un nuovo modo di pensare a Genova. Al di là della commercializzazione turistica, la Boca genovese si nutre con voracità della nostalgia della gente del luogo.
sono stato da poco sono genovese .. ..orgoglioso di quei miei nonni
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