Erice, la città di Venere conserva quasi intatto il suo impianto urbanistico medievale.

Erice ha il fascino contrastante di un borgo montano laddove tutto intorno è costa frastagliata e mare, che in una giornata assolata e priva di vento, appare come una superficie levigata che non smetteresti più di guardare.

E’ incredibile come basti percorrere pochi chilometri per cambiare improvvisamente punto di vista ampliando così il proprio orizzonte.

Ecco che dai suoi quasi 800 metri di altitudine, con un po’ di fortuna, potrai vedere le Egadi che sembrano proprio lì, dietro al porto di Trapani. Oppure, compiendo una rotazione di quasi 180° verso nord-est, potrai scorgere il Monte Cofano e, poco dopo, San Vito Lo Capo.

Difficile non emozionarsi di fronte ad un simile panorama.

Erice è pietra grigia chiara, che con la luce quasi perpendicolare di questa latitudine, può diventare abbacinante. Erice è composta da numerosi vicoli che non sono solo animati da negozi di souvenir per i turisti, ma è fatta di cancelli arzigogolati che celano angoli segreti,  è mistero e scorci nascosti di rara bellezza.
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Secondo Tucidide, fu fondata dagli esuli troiani, che fuggendo nel Mar Mediterraneo avrebbero trovato il posto ideale per insediarvisi; sempre secondo Tucidide, i Troiani unitisi alla popolazione autoctona avrebbero poi dato vita al popolo degli Elimi. Fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 244 a.C.

Virgilio la cita nell'Eneide, con Enea che la tocca due volte: la prima per la morte del padre Anchise, un anno dopo per i giochi in suo onore. Virgilio nel canto V racconta che in un'epoca ancora più remota vi campeggia Ercole stesso nella famosa lotta col gigante Erix o Eryx, precisamente nel luogo dove poi si sfidarono al cesto il giovane e presuntuoso Darete e l'anziano Entello.

In antico, insieme a Segesta, che parrebbe di fondazione coeva, era la città più importante degli Elimi, in particolare era il centro in cui si celebravano i riti religiosi. Durante la prima guerra punica, il generale cartaginese Amilcare ne dispose la fortificazione, e di qui difese Lilibeo. In seguito trasferì parte degli ericini per la fondazione di Drepanon, l'odierna Trapani.

I Romani vi veneravano la "Venere Erycina", la prima dea della mitologia romana a somiglianza della greca Afrodite, ma Diodoro Siculo narra l'arrivo di Liparo, figlio di Ausonio, alle Isole Eolie (V, 6,7), aggiungendo che i Sicani «abitavano le alte vette dei monti e adoravano Venere Ericina». Scarse, o quasi nulle, sono le notizie della città e del santuario nel periodo bizantino, restando comunque economicamente attiva.
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